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Arte Romanica

ROMANICO

Termine usato per la prima volta dal medievalista francese De Caumont (1824) per definire l'arte dei sec. XI e XII nell'Europa centrale, con l'intento di caratterizzarne il significato di libera rinascita delle forme dell'arte romana e di sottolineare l'analogia con la contemporanea formazione delle lingue romanze e con i loro sviluppi. L'ambito proprio dell'arte romanica  copre l'arco dal sec. XI alla metà del sec. XII per la Francia, estendendosi ai primi decenni del sec. XIII per altri Paesi europei (Italia, Spagna, Germania, Inghilterra); per i fenomeni artistici anteriori al Mille si parla piuttosto di arte altomedievale o anche preromanica, per quegli aspetti che più chiaramente mostrano in nuce gli elementi poi maturati nel romanico.
L'aspetto più macroscopico e impressionante del r. fu il rinnovato fervore edilizio che in quei secoli percorse l'Europa; secondo le poetiche parole del monaco cluniacense Rodolphus Glaber, «verso il terzo anno dopo l'anno mille, su quasi tutta la terra, soprattutto in Italia e in Francia, si ricominciarono a costruire le basiliche. Si sarebbe detto che il mondo, scrollandosi di dosso quanto aveva di antico e allontanandolo da sé, si coprisse di un bianco mantello di chiese. I fedeli non si contentarono soltanto di ricostruire le cattedrali, ma restaurarono anche le chiese dei monasteri e persino le chiesette dei villaggi».
Non si trattò, ovviamente, di una pura manifestazione di fervore religioso: alla base del fenomeno stanno la ripresa demografica ed economica posteriore al Mille, la rinascita e lo sviluppo dei centri urbani, l'intensificarsi degli scambi commerciali, l'apertura di nuove rotte di traffico (si pensi all'imponente fenomeno delle crociate) e in questo quadro va sottolineato il ruolo giocato, con risultati complessi e contrastanti, dalle grandi potenze: l'Impero, la nobiltà feudale, il papato, i nuovi ordini religiosi. Rispetto al frazionamento culturale dei secoli dell'alto Medioevo gli sviluppi del r. esprimono una sostanziale unità d'intenti, la prima aspirazione unitaria dell'Europa dopo la caduta dell'Impero romano, che si concretò nell'elaborazione di un nuovo e originale linguaggio: di fronte alla tradizione delle culture auliche – come la bizantina, la carolingia e l'ottoniana, ispirate all'arte classica imperiale – il r. rappresentò lo sviluppo del sermo humilis, dei linguaggi espressi dai contemporanei aspetti "preromanici", arricchiti di riferimenti classici, tratti dall'arte delle province romane e rivissuti originalmente. E tuttavia la cultura r. non fu compatta né omogenea, esprimendosi anzi in fenomeni articolati e contrastanti: da un lato in una multiforme varietà di "dialetti", in una grande ricchezza di scuole regionali, dall'altro in evidenti caratteri di "internazionalità". Il primo aspetto è frutto dell'emergere, dal crogiolo di razze e culture diverse successivo al disfacimento dell'Impero romano, di elaborazioni locali sempre più tendenti all'autonomia (processo che trova il suo parallelo nella formazione del "volgare" delle lingue romanze, differenziatesi dal comune ceppo latino); per il secondo aspetto, furono la generale ripresa economica, la riapertura delle rotte commerciali, il moltiplicarsi dei centri di pellegrinaggio, che provocarono vere e proprie correnti di traffico attraverso l'Europa, a promuovere lo spostamento di maestranze artigiane da un capo all'altro del continente, con relativa diffusione e commistione di forme e stili.
Molto complesso e difficilmente determinabile in termini di "stile" unitario appare il panorama della pittura romanica. Nella pittura più che in qualsiasi altro campo il nuovo linguaggio romanico faticò a emanciparsi dall'influsso delle tradizioni "colte": per intere aree europee (orientali, ma anche in Italia), la cultura bizantina fu ancora prevalente, per cui episodi anche imponenti (come i mosaici dell'Italia merid.) non rientrano nell'ambito propriamente r., così come nei territori dell'Europa centr. la tradizione dell'arte ottoniana fu determinante fino in pieno sec. XI. Le caratteristiche principali della pittura r. si rintracciano nel grande sviluppo dell'affresco (Francia, Italia, Spagna), negli inizi, destinati a larga fortuna, della pittura su tavola (Italia, Spagna), nella splendida fioritura dell'arte miniatoria (Inghilterra, Paesi tedeschi), espressione più colta e raffinata rispetto al gusto popolaresco e narrativo dell'affresco: aspetti che sfoceranno tutti, con ininterrotta continuità, nel successivo periodo gotico. Diversamente che nella scultura è difficile dare una precisa definizione stilistica della pittura r. in Italia: escludendo la larga produzione a mosaico, derivante sia da modelli bizantini (Venezia, la Sicilia) sia paleocristiani (Roma e il Lazio), anche il panorama dell'affresco appare problematico. Nell'Italia settentrionale gli affreschi notevolissimi di S. Vincenzo a Galliano e di S. Pietro al Monte a Civate appaiono legati alla tradizione ottoniana, come quelli più tardi (seconda metà sec. XII) del Trentino e dell'Alto Adige (Burgusio, Tremeno, Castellappiano), cosicché la nascita di un linguaggio "volgare" in senso proprio va piuttosto rintracciata negli affreschi dell'abbazia benedettina di S. Angelo in Formis (1073-87), se pur non esenti da bizantinismi, di S. Elia a Nepi, di S. Clemente a Roma. La morfologia bizantina dominò anche i primi sviluppi della pittura su tavola, nell'Italia centr., a Lucca, Pisa (Giunta) e Firenze (Coppo di Marcovaldo), fino agli esordi di Cimabue, protagonista della generazione successiva. Dirette derivazioni ottoniane, irlandesi e bizantine caratterizzano la miniatura r. italiana, secondo i diversi ordini monasteriali.

BIBLIOGRAFIA

E. B. Garrison, Italian Romanesque Panel Painting, Firenze, 1949; H. Swarzenski, Monuments of Romanesque Art, Londra, 1954; J. Baltrusaitis, Le Moyen - Age fantastique, Parigi, 1955; A. Grabar, C. Nordenfalk, La peinture romane, Ginevra, 1958; F. Bologna, La pittura italiana delle origini, Roma, 1962; F. D'Arcais, Europa anno mille, Roma, 1965; H. Schrade, La peinture romane, Bruxelles, 1966; M. Schapiro, Arte romanica, Torino, 1988. 

     

 
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