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Arte Rinascimentale

 RINASCIMENTO

Periodo storico e artistico compreso tra la fine del XV sec. e la metà del XVI, maturato nel clima di rinnovato interesse naturalistico comune a tutta l'arte europea, ma che si configura come fenomeno tipicamente italiano, iniziato a Firenze e stimolatore di nuove energie, parallelamente e in un fecondo intrecciarsi con l'umanesimo nordico nato nella Fiandre. Il concetto di rinascimento come ripresa degli ideali e delle forme dell'arte classica, dopo la frattura prodotta dal medioevo, trovò la sua esposizione sistematica nell'opera letteraria di G. Vasari, che individuò il germe della rinascita nella pittura di Giotto e nella scultura di Nicola Pisano.

LA "RIVOLUZIONE" FIORENTINA
A Firenze, in un breve e intenso arco di anni, un architetto (F. Brunelleschi), uno scultore (Donatello), un pittore (Masaccio) attuarono una rivoluzionaria trasformazione della concezione e delle funzioni dell'attività artistica: nelle loro mani l'arte, non più attività mechanica, ma liberalis, cioé intellettuale, diventò strumento di conoscenza eindagine della realtà, cioé scienza basata sui fondamenti teorici razionali, rintracciabili per la prima volta nell'invenzione brunelleschiana della prospettiva. Le possibilità fornite dal mezzo prospettico di misurare, conoscere e ricreare uno spazio a misura umana sono espresse nella nitida scansione geometrica delle architetture di Brunelleschi, nel proporzionato ambito spaziale che accoglie le figure "eroiche" dei rilievi di Donatello e dei dipinti di Masaccio. Questo antropocentrismo, per cui l'uomo è "misura di tutte le cose", rientrava nel grande programma di renovatio dell'antichità classica che gli artisti del Quattrocento si proposero di attuare. L'antico tuttavia non fu inteso, in questa prima fase, come un modello da imitare, bensì come coscienza storica del passato, fonte di ispirazioni per elaborazioni autonome: in questa linea Donatello risuscitò il nudo classico (David bronzeo del Bargello), ricreò il ritratto romano, realistico ed eroico, ripropose il tema del monumento equestre (Gattamelata a Padova), e su questa linea si mosse tutta la scultura fiorentina del Quattrocento fino a Michelangelo. La libertà, l'autonomia, il vivace sperimentalismo con cui vennero interpretati i termini fondamentali della cultura rinascimentale danno ragione della molteplicità di espressioni dell'arte fiorentina, che a rigorose esperienze prospettiche (Andrea del Castagno, Piero della Francesca) affiancò tendenze più moderate (L. Ghiberti, I. Della Robbia, Michelozzo, Beato Angelico), o anche varianti eterodosse (Paolo Uccello). Tutte le mediazioni e le conquiste attuate dai creatori dell'arte fiorentina trovarono una codificazione nell'opera teorica di L. B. Alberti, letterato umanista, architetto e trattatista, tra i maggiori responsabili della prestigiosa diffusione dei modi dell'arte fiorentina in tutta Italia.

IL MECENATISMO DELLE CORTI
La corte signorile divenne il luogo privilegiato per lo sviluppo del rinascimento italiano anche nelle città minori. Rimini diventò un centro culturale, dove operarono l'Alberti (Tempio Malatestiano), Piero della Francesca e scultori, decoratori, medaglisti; a poca distanza Federico II da Montefeltro fece di Urbino la sede di una corte raffinatissima, col concorso di architetti come L. Laurana e Francesco di Giorgio Martini, di pittori italiani (Piero della Francesca e Paolo Uccello) e stranieri (il fiammingo Giusto di Gand, lo spagnolo P.Berruguete), le maestranze di scultori e decoratori, dando vita al clima culturale in cui maturarono le fondamentali esperienze del Bramante e Raffaello. Gli spostamenti di Donatello a Padova e dell'Alberti a Mantova avviarono le esperienze dell'umanesimo settentrionale, dalla pittura di A. Mantegna, attivo a Padova e a Mantova, a quella lombarda (V. Foppa), e fornirono stimoli alle più originali e autonome esperienze maturate a Ferrara e Venezia. A Ferrara, che accolse sotto la signoria degli Este, l'esperienza urbanistica più vitale del Quattrocento, cioé "l'addizione erculea" progettata da B. Rossetti, la contemporanea presenza di Piero della Francesca e del fiammingo R. van der Weyden stimolò la formazione di unacorrente pittorica di staordinaria raffinatezza formale, i cui maggiori rappresentanti furono C. Tura, F. del Cossa, E. de' Roberti, e che esercitò un duraturo influsso sulla cultura pittorica in Emilia. La Repubblica di Venezia, tesa ad ampliare i suoi domini nell'entroterra e venuta quindi a contatto con Padova e Verona, accolse artisti da Firenze (Paolo Uccello, Andrea del Castagno) e diede vita a una fiorente scuola pittorica, il cui indiscusso capofila fu Giovanni Bellini; e a Vanezia giunse a maturazione l'esperienza di Antonello da Messina, formatosi nella Napoli degli Aragonesi, aperta ad apporti spagnoli e franco-fiamminghi (Colantonio).Nella seconda metà del Quattrocento Firenze era ancora la capitale indiscussa della cultura italiana e il mecenatismo dei Medici toccò il suo punto più alto alla corte del grande Lorenzo. Ma già prima della sua morte l'asse delle esperienze artistiche più vitali cominciò a spostarsi in altri centri.

IL CINQUECENTO ROMANO
Nessuna delle vicende fondamentali per l'arte del Cinquecento, a eccezione della formazione di Leonardo e Michelangelo, maturò a Firenze: ben più determinanti per i nuovi orientamenti della cultura rinascimentale furono l'ambito del centro-Italia, l'ambiente veneziano, e la Milano di Ludovico il Moro, dove sullo scorcio del secolo l'incontro tra Bramante e Leonardo aprì la strada al nuovo linguaggio cinquecentesco. Ma la vera erede del prestigio di Firenze fu Roma, che dopo il ritorno dei papi da Avignone aveva conosciuto, per il mecenatismo papale, un intenso rinnovamento edilizio e culturale, e che tra la fine del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento fu la sede degli sviluppi maturi del classicismo rinascimentale, rappresentati dalla contemporanea attività di Bramante, Raffaello, Michelangelo.

CONTRASTI E RICERCHE
Il Cinquecento fu un secolo di laceranti, drammatici contrasti: la scossa della riforma protestante, i successivi sviluppi della controriforma cattolica, la perdita dell'equilibrio politico,l'Italia divenuta campo di battaglia di eserciti stranieri alterarono profondamente i termini dell'operare artistico: m'arte, non più "scienza", mezzo di indagine e conoscenza di un mondo a misura d'uomo, diventò ricerca inquieta delle ragioni dell'azione umana nella storia, dell'esperienza umana del divino. Questi contrasti si rispecchiarono in modo esemplare nelle esperienze dei più grandi artisti del momento: nell'indagine sperimentale di Leonardo, che operò la scissione tra arte e scienza, nell'analisi di una natura divenuta misteriosa e inquietante; nella bruciante tensione spirituale di Michelangelo, in cui la riflessione sul rapporto tra azione umana e aspirazione alla conoscenza del divino assunse toni tra i più drammatici del secolo (Giudizio universale della Sistina). Nemmeno Venezia, che parve vivere più a lungo una felice stagione di classicismo espresso dall'architettura del Sansovino e del Palladio e dalla pittura di Giorgione e Veronese, appare immune da fermenti contraddittori, evidenti nei toni drammatici dell'ultima produzione di Tiziano, nell'intimismo di L. Lotto, nella febbre luministica che pervade l'opera di Tintoretto. Finiscono quindi per assumere i contorni di una sorta di isola felice le esperienze colte e raffinate della pittura emiliana, da Correggio a Parmigianino, a D. Dossi. Il classicismo divenne un riferimento canonico, un codice come tale verificabile in tutte le possibilità di deroga alle regole, fino al "capriccio" e, la stessa sorte toccò i modelli indiscussi stabiliti dalle "maniere" dei grandi maestri: proprio dalla scuola di Raffaello (Giulio Romano, Perin del Vaga, ecc.) e dai seguaci di Michelangelo prese avvio la ricerca anticonformista e bizzarra del manierismo. Solo alla fine del secolo, nell'opera restauratrice dei Carracci, si tenterà di ristabilire nel nome di Raffaello, il regno di un classicismo ideale astratto, al di là della storia. Intanto, da un'Italia ormai priva di autonomia politica, l'arte italiana aveva allargato la sua influenza e il suo prestigio all'intero ambito europeo.

 

     

 
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